Siamo una generazione che non tornerà più…

Una generazione che andava a scuola e poi tornava a casa senza bucarsi. Una generazione che faceva i compiti da sola per uscire al più presto a giocare in strada. Una generazione che trascorreva tutto il tempo libero in strada con i propri amici. Una generazione che giocava a nascondino quando era buio, con le ragazzette del posto. Una generazione che faceva torte al fango. Una generazione che collezionava figurine sportive Panini. Una generazione che ha trovato, raccolto, lavato e restituito bottiglie di vetro Coca Cola vuote al negozio di alimentari locale (Elda) per 10 lire ciascuna, e grazie a ciò ha acquistato un panino con la mortadella e una barretta di cioccolato. Una generazione che realizzava giocattoli di carta e legno a mani nude. Una generazione che comprava album in vinile da ascoltare sui giradischi con la paghetta dei genitori. Una generazione che raccoglieva foto e album di ritagli delle proprie esperienze di vita da bambino. Una generazione che amava i giochi da tavolo e le carte nei giorni di pioggia. Una generazione la cui televisione si spegneva a mezzanotte dopo aver suonato l’ “inno” RAI. Una generazione che aveva babbo e mamma pronti a rimproverarti ma anche riempirti di consigli preziosi. Una generazione che rideva sotto le coperte affinché i genitori non sapessero che eravamo ancora svegli. Una generazione che è passata e purtroppo non tornerà mai più, per quanto ci proviamo. Mi è piaciuto crescere quando l’ho fatto. Era il momento migliore. Ora è quello peggiore…un inferno! Massimo Melani 🌹 https://www.instagram.com/p/CwwxltCsxb68Kn3BBPeVStIdjkhbPYI9k–ecU0/?igshid=MTc4MmM1YmI2Ng==

Il protocollo che ci hanno imposto i genitori

Protocollo

Fin da giovanissimi, i genitori vanno instillando norme di comportamento che plasmano l’esistenza dei propri figli. Il loro aspetto esteriore deve essere accompagnato da regole di cortesia che sono necessarie per vivere nella società e per godere di una vita serena. Il Protocollo. È un insieme di norme o regole, imposte alle consuetudini, destinate a regolamentare i nostri comportamenti nella società. Se conosci i costumi di un paese, di una famiglia, di un nucleo in generale, si possono conoscere meglio le persone e cercare di comportarsi con la forma adeguata alle loro regole e norme. Il protocollo è un argomento molto ampio e comprende molti concetti e problemi che non sono facili da classificare. E’ una disciplina che determina le modalità con le quali si realizza un’ importante attività, sono le linee guida in base alle quali si sviluppa un determinato evento. Esistono molte definizioni in merito al termine protocollo, ma la più importante è che una persona, oltre a sapere, deve anche essere, perché non solo con l’educazione si può agire nella società, e in particolar modo in quella odierna. Un uomo non è esclusivamente cultura, formazione, istruzione e gentilezza, ma un insieme di tutti questi elementi che combinati rendono possibile alla persona di essere completa. Molte volte abbiamo incontrato gente molto istruita, con diplomi professionali di grandi dimensioni, con divise piene di stellette, con cappelli dai cordoni dorati luccicanti, economicamente ben posizionata, ma priva di qualsiasi contenuto che non riesce a capire o a rispettare le regole di cui sopra, e, grandi professionisti, esperti in determinati campi, ma che la mancanza di educazione e buone maniere li rende totalmente anonimi (chi abusa del potere per fiaccare e intimidire le persone, chi ostenta una posizione gerarchica sopra la media, chi si infila nelle case e le mette a soqquadro perché il potente di turno ha deciso così…) Per raggiungere un equilibrio nelle nostre relazioni dovremmo essere consapevoli che il comportamento è più importante di qualsiasi altra cosa che fa parte della nostra vita. MM https://www.instagram.com/p/CgJwVAJsDuia5OP4sCo1eijVKlJXJT_KALzveQ0/?igshid=MDJmNzVkMjY=

La tormenta elettrica che logora i nostri figli. Parliamo della Sindrome di Dravet, dei genitori che l’affrontano con i loro piccoli e le associazioni che sostengono la ricerca

Era mio dovere iniziare questo articolo con le testimonianze di coloro che stanno vivendo sulla propria pelle tutto il disagio nel veder soffrire gli adorati figli, parole che se, minimamente, hai del sentimento ti toccano in profondità. Persone dignitosamente addolorate per la malattia che non dà tregua a queste giovanissime creature, madri e padri che fanno e faranno di tutto per combattere la Sindrome di Dravet assieme ai loro bambini e, l’articolo odierno, tratterà proprio di tale infrequente malattia. Il primo video parla apertamente della malattia e della continua ricerca medica per migliorare le condizioni di chi ne è colpito. Il secondo è chiaramente nato dall’esigenza di riunire le famiglie raccogliendone i vari stati d’animo, le prospettive futuribili, la lotta incessante per arrivare a sconfiggere detta malattia.

La Sindrome di Dravet, dopo tre giorni filati di immersione medico-culturale per capirne e poterne scrivere con cognizione, è stata da me definita la tormenta elettrica, difficile da scongiurare in quanto è una rara forma epilettica, che determina gravi  problemi a livello neurologico. Questa tormenta può presentarsi nel primo anno di vita, in maniera improvvisa e del tutto inaspettata.

Era il 1978 quando, per la prima volta, venne diagnosticata con  l’acronimo EMSI, Epilessia Mioclonica Severa dell’Infanzia, dalla dott.ssa Charlotte Dravet. Finalmente, tutti quei bambini che si contorcevano e soffrivano, facendo a loro volta soffrire genitori e parenti, potevano sperare in cure mirate al miglioramento di tale malattia.

Purtroppo, sino ad ora, i medicinali usati hanno sì migliorato la vita di queste piccole creature, ma non debellato il mostro della tormenta elettrica.

Chi ha una persona colpita da siffatta patologia conosce a menadito i suoi sintomi, ma per i profani, per chi nientemeno non ne ha mai sentito parlare, è giusto spiegare come si manifesta.

I primi indizi della sindrome solitamente sono impersonali e possono diversificarsi da bambino a bambino. Le crisi hanno inizio prima del compimento del 12mo mese di età, in soggetti con sviluppo della componente psichica dell’attività motoria normale. Si tratta, principalmente, di crisi convulsive, definite cloniche e accompagnate da febbre. Dette convulsioni sono generalizzate o interessate, unilateralmente, a solo metà del corpo.

Le crisi si dividono in lunga o lunghissima durata, arrivando a toccare anche i 60 minuti. Esse richiedono un’immediato trattamento con farmaci anticonvulsivi. Anni fa, un simile quadro clinico, portava i medici a pensare si trattasse di convulsioni derivanti dalla febbre poi, grazie alla dott.ssa Dravet, siamo arrivati a diagnosticare la sindrome col suo cognome.

Purtroppo, col passar del tempo, le crisi possono aumentare e manifestarsi senza febbre o con temperatura moderata che non supera i 38 ̊C. Inoltre, di frequente, si presentano stati epilettici continuativi. Esistono altre tipologie di crisi che emergono nei primi anni di vita: crisi miocloniche e focali, assenze atipiche che i ricercatori imputano a certuni fattori ambientali quali stanze eccessivamente illuminate, luci ad intermittenza, patterns, cioè disegni geometrici regolari, linee punteggiate, righe e via dicendo. Anche l’eccitazione o un eccessivo sforzo fisico sono associate alle crisi.

Bene, adesso abbandoniamo per un attimo la vicenda medica e torniamo ai due video di cui sopra.

La prima cosa che traspare è che questi genitori sono dei veri e propri eroi dell’amore, talmente assorbiti dalla malattia che sembrano loro i veri esperti. Sono gli individui che meglio conoscono il loro bambino; quelli che giornalmente portano sulle spalle il macigno della sindrome e della sua cura. Quando uno li ascolta non può far a meno di replicarne questo esaustivo insegnamento di vita, un ascolto che dà immediatamente vita a 10, 100 discussioni. E si capisce che durante questi incontri le varie esperienze vengono amorevolmente condivise.  Sin dai tempi di Platone il presupposto della psicologia è “che è infinitamente meglio parlare con qualcuno di un problema che tenerlo chiuso nella propria anima”. Cosa questa che gli esseri umani portano avanti da sempre. Quando uno ha un grande peso lo condivide con altri ed  esso diventa più leggero. E’ ovvio, che questo sia il motivo basilare per cui i genitori dei bambini ammalati della Sindrome di Dravet si ritrovano tra loro, per condividere il fardello della malattia con altre persone che stanno vivendo un’esperienza simile.

Torniamo alla malattia. Nel secondo anno di vita spesso si manifestano un certo ritardo dello sviluppo psicomotorio e disturbi del comportamento, più o meno rilevanti a seconda dei soggetti. In primis si nota un ritardo nel linguaggio e a seguire un ritardo più globale. Il piccolo può presentare anche problemi comportamentali quali un maggiore nervosismo, iperattività, disattenzione, difficoltà di comunicazione, cose che rendono, in breve tempo, la socializzazione alquanto complessa. In aggiunta possono sorgere disturbi motori come un’andatura molto scoordinata, tremori alle estremità, gesti imprecisi.

Col trascorrere del tempo possono manifestarsi disturbi del sonno e problemi ai piedi. Verso i 4-5 anni e poi in adolescenza, di solito, le condizioni migliorano con diminuzioni, o scomparsa totale,  delle crisi focali, delle assenze atipiche e delle crisi miocloniche, mentre continuano le crisi convulsive che tendono a presentarsi, nella maggior parte dei casi,  all’inizio o al termine della notte.

A conclusione, un articolo riguardante la Sindrome di Dravet, dell’ American Academy of Pediatrics, 141 Northwest Point Boulevard,
Elk Grove Village, IL 60007-1098
USA   001/800/433-916  Fax 847/434-8000

Le crisi convulsive possono raggrupparsi in serie, per periodi, ma gli stati di male epilettici sono più rari. Sono sempre sensibili alla febbre ma gli episodi febbrili diventano molto più rari. Anche i disturbi psicologici si stabilizzano. Le acquisizioni continuano lentamente o riprendono se ci sono stati momenti di regressione. Il deficit cognitivo permanente varia, da moderato a grave, a seconda dell’evoluzione osservata nei primi 3-4 anni di vita. L’instabilità si attenua e lascia posto a una grande lentezza con comparsa di perseverazioni. La comunicazione rimane spesso difficile e talvolta si osservano tratti autistici. Il livello del linguaggio corrisponde al livello intellettuale globale ma la comprensione rimane migliore dell’espressione. C’è un altra cosa strana di noi adulti: pensiamo che il nostro ruolo di genitori sia di proteggere i nostri figli dal male. Questo è falso. Proteggere i nostri figli dal dolore non è il nostro compito di genitori. Il nostro compito di genitori è di tenerli per mano e di camminare con loro attraverso il dolore. E’ nostro compito insegnare loro ad affrontare il dolore. E se possiamo fare questo per i nostri figli nelle piccole cose, quando sono ancora piccoli, allora impareranno ad affrontare i problemi più grandi quando cresceranno. E quando saranno adulti, saranno più preparati per le difficoltà della vita.

Esiste un debole rischio di decesso precoce, legato alle infezioni respiratorie, agli incidenti (annegamento), agli stati di male e alla morte improvvisa inspiegata. Ma la maggior parte dei bambini affetti raggiunge l’età adulta. Il loro grado di autonomia dipende dal livello di apprendimento e dalle loro possibilità di comunicazione.

Dato il recente riconoscimento della sindrome di Dravet, la sua evoluzione a lungo termine è poco nota. E’ tuttavia incontrastabile che una diagnosi più precoce con una presa in carico terapeutica più adeguata conferisca un’evoluzione sempre più favorevole.

Qual è la causa della sindrome di Dravet?

EEra sconosciuta fino al 2001 perché tutte le indagini complementari risultavano negative (TAC, Risonanza Magnetica (RMN), ricerche metaboliche…). Dal 2001, si sa che la malattia è associata a un difetto genetico. Si tratta di una mutazione del gene SCN1A o di una microdelezione che coinvolge il medesimo gene, portatore della subunità 1A del canale del sodio. Questo gene regola le funzioni dei canali attraverso i quali passano gli ioni di sodio nel cervello, che svolgono un ruolo molto importante nel suo funzionamento. Le mutazioni disturbano questo funzionamento, provocando le crisi.

Mutazioni di questo gene esistono anche in altre forme di epilessia, pur non essendo dello stesso tipo. Si tratta di forme più lievi (epilessia generalizzata con crisi febbrili plus, più nota anche come GEFS+). Nella stragrande maggioranza dei casi nessuno altro membro della famiglia soffre di questa sindrome perché si tratta di mutazioni “de novo”. Ciò significa che le mutazioni non sono trasmesse dai genitori ma si formano (o sopravvengono) nell’embrione durante la vita intrauterina.

È necessario sapere che una percentuale non trascurabile (25%) di bambini affetti da sindrome di Dravet tipica non è portatrice di questa mutazione. Come per altre malattie genetiche, ciò significa semplicemente che esistono altre mutazioni probabilmente non ancora scoperte.

Allo stato attuale delle nostre conoscenze, ciò non cambia la prognosi. Persistono molte incognite e le ricerche continuano attivamente in molti centri specializzati sparsi nel mondo intero.

Come diagnosticare la sindrome di Dravet?

La diagnosi deve essere stabilita su basi cliniche. L’età di esordio delle crisi, il loro ripetersi nonostante il trattamento, l’assenza di cause rilevabili (TAC, RMN…), il normale sviluppo iniziale, l’assenza di segni elettroencefalografici (EEG) di un’altra malattia o la presenza di fotosensibilità sui tracciati EEG devono far pensare a questa diagnosi a partire dai primi mesi dell’evoluzione. Un’analisi genetica può essere proposta al momento della diagnosi ma è risaputo che il risultato negativo della stessa non può escluderla. Non è quindi necessario attendere la risposta per prescrivere il trattamento più appropriato e ciò nel più breve tempo possibile. Non sono sempre presenti tutti i tipi di crisi. In particolare, le crisi miocloniche possono essere completamente assenti o molto rare. Si tratta delle forme di “confine”, cosiddette “borderline”. Anche in queste forme sono presenti delle mutazioni, probabilmente meno frequenti e di minor gravità. La prognosi è la stessa e devono essere trattate alla stessa maniera. In alcuni bambini, lo sviluppo psicomotorio sembra normale ed imparano a parlare quasi normalmente. Tuttavia ciò non esclude la diagnosi. È nel corso dell’apprendimento scolastico (lettura, scrittura, aritmetica) che le difficoltà rischiano di apparire e che i test metteranno in evidenza un deficit cognitivo leggero o moderato.

Come viene trattata la sindrome di Dravet?

Il solo trattamento possibile è un trattamento sintomatico, ossia quello delle crisi. Sono stati utilizzati molti farmaci antiepilettici. Nessuno di essi ha consentito il controllo completo delle crisi, perlomeno nei primi anni, ossia il periodo attivo dell’epilessia.

Un’associazione di vari farmaci è abitualmente necessaria, in particolare una triterapia. Bisogna sapere che, così come per altre forme di epilessia, alcuni antiepilettici possono aggravare le crisi invece di ridurle e questi farmaci sono noti ai medici.

È necessario evitare le infezioni ripetute e trattare gli episodi febbrili in maniera adeguata. Bisogna saper utilizzare i prodotti per via rettale o endovenosa al fine di evitare gli stati di male epilettici.

Esistono delle alternative che però, per il momento, non si sono di- mostrate efficaci per un numero sufficiente di pazienti: dieta chetogena, stimolazione del nervo vago, immunoterapia (gamma globuline). Non esistono interventi chirurgici possibili per questa sindrome perché l’epilessia è al contempo multifocale e generalizzata.

In futuro si può sperare che una migliore conoscenza delle anomalie genetiche, delle funzioni delle varie proteine implicate e della loro influenza sui meccanismi che scatenano le crisi permettano di selezionare i farmaci su basi più razionali.

La presa in carico dei disturbi associati è indispensabile, possibilmente da parte di un’équipe specializzata che conosca i problemi delle epilessie a comparsa precoce. Valutazioni regolari eseguite con l’ausilio di test psicometrici aiutano ad adattare i metodi educativi ed, eventualmente, riabilitativi (psicomotricità, kinesiterapia, logopedia), mentre un sostegno psicologico permette di aiutare i bambini e i loro genitori a gestire questa epilessia così pesante nella quotidianità, per la presenza di frequenti crisi che compromettono la qualità della vita.”

In fondo questa malattia, e forse tutte le malattie, sono il lato più oscuro, più notturno della vita, una residenza più onerosa. Ogni persona che viene al mondo ha una doppia residenza, nel reame della salute e in quello delle malattie. E’ logico che se tutti potessero, sceglierebbero il passaporto buono, ma prima o poi ad ognuno viene ordinato, almeno per un certo periodo, di riconoscersi cittadino del reame meno buono.

Il Raccontafavole

 

Rapporto genitori figli in età adolescenziale

L’adolescenza è forse una delle fasi più difficili della vita dei nostri figli. Ci sono molte cose che cambiano per loro, e tutte in una volta.
Una ricchezza di nuove sensazioni, sentimenti sconosciuti e il desiderio di essere più grandi; stati d’animo che possono produrre negli adolescenti esplosioni devastanti.

In questi momenti, cosiddetti di passaggio,  i genitori notano tali trasformazioni, si rendono conto che i figli sono influenzati da numerosi problemi ed è proprio in tale periodo che padre e madre devono far sapere ai figli che sono lì per sostenerli, che non sono il nemico, poiché spesso è quanto percepisce l’adolescente nei riguardi del proprio genitore.

Qtest’ultimo deve capire che i figli adolescenti stanno crescendo, hanno bisogno dei loro spazi, imparano ad andare in sella alla loro libertà, e che le problematiche non sono la fine del mondo.  I ragazzi devono imparare a volare e il ruolo dei genitori è di insegnare loro ad usare bene le loro ali.

Soprattutto devono essere pazienti, tutta la pazienza del mondo in certune occasioni non è sufficiente. Talvolta il figlio o la figlia pianteranno il muso per ore e ore, discuteranno degli ordini impartiti da quei Nerone dei genitori, e vorranno essere loro a orientare il timone della vita.

E questo momento arriverà, eh se arriverà. Ma, nel frattempo, dovranno essere i genitori a guidare la loro nave affinchè non si schianti contro un iceberg di cinematografica memoria. L’adolescenza è il tempo dell’ apprendistato, benché non solo gli adolescenti sono lì ad imparare nuove cose ma anche i genitori, soprattutto quelli che per la prima volta si trovano con un figlio in tale fascia di età.

Se il genitore fallirà nella sua impresa, il figlio ne risentirà molto negativamente. Se in qualche occasione non saprà come agire sarà conveniente correre ai ripari consultando un esperto in materia.  È imprescindibile spendere una parte del tempo coi figli, con un interesse maggiore per le loro attività, gli amici i e tutto quello che possa essere importante per loro.

Parlando con i ragazzi, quando una conversazione assume toni piuttosto caldi è saggio non dimenticare di :

– Spiegare le cose chiaramente: nulla deve essere frainteso o dare un significato non ritenuto vero fino in fondo.
– Parlare, ma in primis lasciarli parlare.
Non escludere mai il loro parere: purtroppo, sebbene genitori, non possiedono il poterela della verità assoluta.
– Se il padre o la madre, o entrambi sono arrabbiati: non dobbiamo far pagare loro il cattivo umore, magari di una giornata lavorativa storta.
– Il comportamento dei genitori deve essere coerente con ciò di cui hanno bisogno i figli.

Gli adolescenti possono diventare un vero e proprio problema, spesso ai più                  ( genitori) irrisolvibile. I genitori dovrebbero stabilire delle regole, ovviamente, affinchè siano compiute senza cedere a certe accattivanti scuse dei loro ragazzi.
Infatti, al momento di stabilire una normativa, dovranno dimostrarsi impassibili, non dovranno farsi influenzare da sterili discussioni; dovranno sì chiedere il loro parere, ma alla fine i genitori dovranno avere l’ultima parola.

Quando verranno prese decisioni su qualcosa, come ad esempio orari, sanzioni, ecc, i genitori dovranno essere fermi e non permettere di essere manipolati. Gli adolescenti possono essere molto convincenti nel tentativo di farla franca.

Naturalmente se verrà riconosciuto il loro buon comportamento, affidabilità, ecc, i genitori non dovranno cedere a breve, ma quasi dolcemente faranno capire ai figli che stanno comportandosi bene e non dovranno mancare le lodi.

Non dobbiamo dimenticare mai che i genitori sono gli adulti, gli esperti e che devono dare ai loro figli adolescenti tutto l’appoggio, i consigli, le lusinghe, le critiche, le punizioni o gratificazioni che necessitino.