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La pubblicità americana che ha creato la società dello stupro e delle molestie sessuali. E oggi…tutto come prima!

Al giorno d’oggi quesa tipologia di pubblicità verrebbe sicuramente censurata per il contenuto estremamente sessista e razzista. La propaganda americana ha dato il là alla società dello stupro e delle molestie sessuali senza nessun ostacolo da parte delle autorità sol perchè l’oggetto/soggetto era una donna. Beh, certo, le violenze perpetrate verso il sesso femminile esistono dai tempi dei tempi, ma arrivare a pubblicizzarle appare abbastanza disgustoso.

“Soffiale il fumo in faccia e lei ti seguirà ovunque” recitava vigliaccamente uno spot del 1969.

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Ancora più cinico lo slogan della Kellog’s del 1930 : “Più duramente lavorerà una moglie e più sembrerà carina”. Da vomito!

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Le marche più famose di allora, dai pantaloni Mr Leggs ai saponi N.K.Fairbank, con un piccolo bimbo bianco che incuriosito chiede ad uno di colore perchè sua madre  non l’avesse lavato con il sapone pubblicizzato, fanno capire che la Guerra di Secessione è servita ben poco agli americani.  

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Immagini ignobili e sconcertanti che gli statunitensi accettavano senza batter ciglio e che parevano sponsorizzare un’ideologia e non un prodotto da consumare. Una sorta di fascismo all’americana che se ne fregava altamente dei diritti umani; veri e propri stimoli -espliciti e diretti- verso l’acclamazione della violenza nei confronti dei soggetti più deboli. Guardate con attenzione questa locandina che evidenzia un uomo che si domanda se sia ancora illegale uccidere una donna!

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Oppure questo spot che sosteneva il machismo più arrogante e perverso, raffigurante una donna schiava del marito.

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Pubblicità più recenti sembrano continuare, non tanto velatamente, la pessima sinfonia degli anni che furono con immagini che raffigurano giovani donne sculacciate dal marito, calpestate e con la testa sotto i piedi di predatori casalinghi, assolutamente assoggettate al capo e ritenute addirittura incapaci di aprire una bottiglia di passato di pomodoro.

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“È bello avere una ragazza intorno”.

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“Il capo sa fare tutto, ma non cucinare; per quello ci sono le mogli!

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“Pensi una donna possa aprirlo?”

Non che nel 2017 le cose siano migliorate; no, non volevo scrivere questo. Anzi, pubblicità con modelle brutalizzate, come quella censurata di Dolce & Gabbana, quelle con fastidiosi doppi sensi tipo “Fidati…Te la do gratis- La montatura !” e via dicendo, sottolineano ancora di più quanto l’ Homo Erectus sia attualmente presente nella nostra iper-tecnologizzata società, sempre alla ricerca, stavolta, di prede umane preferibilmente di sesso femminile, stimolato giornalmente da certa propaganda “svestita” che diventa un pericoloso pungolo ad agire nel peggiore dei modi.

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La tormenta elettrica che logora i nostri figli. Parliamo della Sindrome di Dravet, dei genitori che l’affrontano con i loro piccoli e le associazioni che sostengono la ricerca

Era mio dovere iniziare questo articolo con le testimonianze di coloro che stanno vivendo sulla propria pelle tutto il disagio nel veder soffrire gli adorati figli, parole che se, minimamente, hai del sentimento ti toccano in profondità. Persone dignitosamente addolorate per la malattia che non dà tregua a queste giovanissime creature, madri e padri che fanno e faranno di tutto per combattere la Sindrome di Dravet assieme ai loro bambini e, l’articolo odierno, tratterà proprio di tale infrequente malattia. Il primo video parla apertamente della malattia e della continua ricerca medica per migliorare le condizioni di chi ne è colpito. Il secondo è chiaramente nato dall’esigenza di riunire le famiglie raccogliendone i vari stati d’animo, le prospettive futuribili, la lotta incessante per arrivare a sconfiggere detta malattia.

La Sindrome di Dravet, dopo tre giorni filati di immersione medico-culturale per capirne e poterne scrivere con cognizione, è stata da me definita la tormenta elettrica, difficile da scongiurare in quanto è una rara forma epilettica, che determina gravi  problemi a livello neurologico. Questa tormenta può presentarsi nel primo anno di vita, in maniera improvvisa e del tutto inaspettata.

Era il 1978 quando, per la prima volta, venne diagnosticata con  l’acronimo EMSI, Epilessia Mioclonica Severa dell’Infanzia, dalla dott.ssa Charlotte Dravet. Finalmente, tutti quei bambini che si contorcevano e soffrivano, facendo a loro volta soffrire genitori e parenti, potevano sperare in cure mirate al miglioramento di tale malattia.

Purtroppo, sino ad ora, i medicinali usati hanno sì migliorato la vita di queste piccole creature, ma non debellato il mostro della tormenta elettrica.

Chi ha una persona colpita da siffatta patologia conosce a menadito i suoi sintomi, ma per i profani, per chi nientemeno non ne ha mai sentito parlare, è giusto spiegare come si manifesta.

I primi indizi della sindrome solitamente sono impersonali e possono diversificarsi da bambino a bambino. Le crisi hanno inizio prima del compimento del 12mo mese di età, in soggetti con sviluppo della componente psichica dell’attività motoria normale. Si tratta, principalmente, di crisi convulsive, definite cloniche e accompagnate da febbre. Dette convulsioni sono generalizzate o interessate, unilateralmente, a solo metà del corpo.

Le crisi si dividono in lunga o lunghissima durata, arrivando a toccare anche i 60 minuti. Esse richiedono un’immediato trattamento con farmaci anticonvulsivi. Anni fa, un simile quadro clinico, portava i medici a pensare si trattasse di convulsioni derivanti dalla febbre poi, grazie alla dott.ssa Dravet, siamo arrivati a diagnosticare la sindrome col suo cognome.

Purtroppo, col passar del tempo, le crisi possono aumentare e manifestarsi senza febbre o con temperatura moderata che non supera i 38 ̊C. Inoltre, di frequente, si presentano stati epilettici continuativi. Esistono altre tipologie di crisi che emergono nei primi anni di vita: crisi miocloniche e focali, assenze atipiche che i ricercatori imputano a certuni fattori ambientali quali stanze eccessivamente illuminate, luci ad intermittenza, patterns, cioè disegni geometrici regolari, linee punteggiate, righe e via dicendo. Anche l’eccitazione o un eccessivo sforzo fisico sono associate alle crisi.

Bene, adesso abbandoniamo per un attimo la vicenda medica e torniamo ai due video di cui sopra.

La prima cosa che traspare è che questi genitori sono dei veri e propri eroi dell’amore, talmente assorbiti dalla malattia che sembrano loro i veri esperti. Sono gli individui che meglio conoscono il loro bambino; quelli che giornalmente portano sulle spalle il macigno della sindrome e della sua cura. Quando uno li ascolta non può far a meno di replicarne questo esaustivo insegnamento di vita, un ascolto che dà immediatamente vita a 10, 100 discussioni. E si capisce che durante questi incontri le varie esperienze vengono amorevolmente condivise.  Sin dai tempi di Platone il presupposto della psicologia è “che è infinitamente meglio parlare con qualcuno di un problema che tenerlo chiuso nella propria anima”. Cosa questa che gli esseri umani portano avanti da sempre. Quando uno ha un grande peso lo condivide con altri ed  esso diventa più leggero. E’ ovvio, che questo sia il motivo basilare per cui i genitori dei bambini ammalati della Sindrome di Dravet si ritrovano tra loro, per condividere il fardello della malattia con altre persone che stanno vivendo un’esperienza simile.

Torniamo alla malattia. Nel secondo anno di vita spesso si manifestano un certo ritardo dello sviluppo psicomotorio e disturbi del comportamento, più o meno rilevanti a seconda dei soggetti. In primis si nota un ritardo nel linguaggio e a seguire un ritardo più globale. Il piccolo può presentare anche problemi comportamentali quali un maggiore nervosismo, iperattività, disattenzione, difficoltà di comunicazione, cose che rendono, in breve tempo, la socializzazione alquanto complessa. In aggiunta possono sorgere disturbi motori come un’andatura molto scoordinata, tremori alle estremità, gesti imprecisi.

Col trascorrere del tempo possono manifestarsi disturbi del sonno e problemi ai piedi. Verso i 4-5 anni e poi in adolescenza, di solito, le condizioni migliorano con diminuzioni, o scomparsa totale,  delle crisi focali, delle assenze atipiche e delle crisi miocloniche, mentre continuano le crisi convulsive che tendono a presentarsi, nella maggior parte dei casi,  all’inizio o al termine della notte.

A conclusione, un articolo riguardante la Sindrome di Dravet, dell’ American Academy of Pediatrics, 141 Northwest Point Boulevard,
Elk Grove Village, IL 60007-1098
USA   001/800/433-916  Fax 847/434-8000

Le crisi convulsive possono raggrupparsi in serie, per periodi, ma gli stati di male epilettici sono più rari. Sono sempre sensibili alla febbre ma gli episodi febbrili diventano molto più rari. Anche i disturbi psicologici si stabilizzano. Le acquisizioni continuano lentamente o riprendono se ci sono stati momenti di regressione. Il deficit cognitivo permanente varia, da moderato a grave, a seconda dell’evoluzione osservata nei primi 3-4 anni di vita. L’instabilità si attenua e lascia posto a una grande lentezza con comparsa di perseverazioni. La comunicazione rimane spesso difficile e talvolta si osservano tratti autistici. Il livello del linguaggio corrisponde al livello intellettuale globale ma la comprensione rimane migliore dell’espressione. C’è un altra cosa strana di noi adulti: pensiamo che il nostro ruolo di genitori sia di proteggere i nostri figli dal male. Questo è falso. Proteggere i nostri figli dal dolore non è il nostro compito di genitori. Il nostro compito di genitori è di tenerli per mano e di camminare con loro attraverso il dolore. E’ nostro compito insegnare loro ad affrontare il dolore. E se possiamo fare questo per i nostri figli nelle piccole cose, quando sono ancora piccoli, allora impareranno ad affrontare i problemi più grandi quando cresceranno. E quando saranno adulti, saranno più preparati per le difficoltà della vita.

Esiste un debole rischio di decesso precoce, legato alle infezioni respiratorie, agli incidenti (annegamento), agli stati di male e alla morte improvvisa inspiegata. Ma la maggior parte dei bambini affetti raggiunge l’età adulta. Il loro grado di autonomia dipende dal livello di apprendimento e dalle loro possibilità di comunicazione.

Dato il recente riconoscimento della sindrome di Dravet, la sua evoluzione a lungo termine è poco nota. E’ tuttavia incontrastabile che una diagnosi più precoce con una presa in carico terapeutica più adeguata conferisca un’evoluzione sempre più favorevole.

Qual è la causa della sindrome di Dravet?

EEra sconosciuta fino al 2001 perché tutte le indagini complementari risultavano negative (TAC, Risonanza Magnetica (RMN), ricerche metaboliche…). Dal 2001, si sa che la malattia è associata a un difetto genetico. Si tratta di una mutazione del gene SCN1A o di una microdelezione che coinvolge il medesimo gene, portatore della subunità 1A del canale del sodio. Questo gene regola le funzioni dei canali attraverso i quali passano gli ioni di sodio nel cervello, che svolgono un ruolo molto importante nel suo funzionamento. Le mutazioni disturbano questo funzionamento, provocando le crisi.

Mutazioni di questo gene esistono anche in altre forme di epilessia, pur non essendo dello stesso tipo. Si tratta di forme più lievi (epilessia generalizzata con crisi febbrili plus, più nota anche come GEFS+). Nella stragrande maggioranza dei casi nessuno altro membro della famiglia soffre di questa sindrome perché si tratta di mutazioni “de novo”. Ciò significa che le mutazioni non sono trasmesse dai genitori ma si formano (o sopravvengono) nell’embrione durante la vita intrauterina.

È necessario sapere che una percentuale non trascurabile (25%) di bambini affetti da sindrome di Dravet tipica non è portatrice di questa mutazione. Come per altre malattie genetiche, ciò significa semplicemente che esistono altre mutazioni probabilmente non ancora scoperte.

Allo stato attuale delle nostre conoscenze, ciò non cambia la prognosi. Persistono molte incognite e le ricerche continuano attivamente in molti centri specializzati sparsi nel mondo intero.

Come diagnosticare la sindrome di Dravet?

La diagnosi deve essere stabilita su basi cliniche. L’età di esordio delle crisi, il loro ripetersi nonostante il trattamento, l’assenza di cause rilevabili (TAC, RMN…), il normale sviluppo iniziale, l’assenza di segni elettroencefalografici (EEG) di un’altra malattia o la presenza di fotosensibilità sui tracciati EEG devono far pensare a questa diagnosi a partire dai primi mesi dell’evoluzione. Un’analisi genetica può essere proposta al momento della diagnosi ma è risaputo che il risultato negativo della stessa non può escluderla. Non è quindi necessario attendere la risposta per prescrivere il trattamento più appropriato e ciò nel più breve tempo possibile. Non sono sempre presenti tutti i tipi di crisi. In particolare, le crisi miocloniche possono essere completamente assenti o molto rare. Si tratta delle forme di “confine”, cosiddette “borderline”. Anche in queste forme sono presenti delle mutazioni, probabilmente meno frequenti e di minor gravità. La prognosi è la stessa e devono essere trattate alla stessa maniera. In alcuni bambini, lo sviluppo psicomotorio sembra normale ed imparano a parlare quasi normalmente. Tuttavia ciò non esclude la diagnosi. È nel corso dell’apprendimento scolastico (lettura, scrittura, aritmetica) che le difficoltà rischiano di apparire e che i test metteranno in evidenza un deficit cognitivo leggero o moderato.

Come viene trattata la sindrome di Dravet?

Il solo trattamento possibile è un trattamento sintomatico, ossia quello delle crisi. Sono stati utilizzati molti farmaci antiepilettici. Nessuno di essi ha consentito il controllo completo delle crisi, perlomeno nei primi anni, ossia il periodo attivo dell’epilessia.

Un’associazione di vari farmaci è abitualmente necessaria, in particolare una triterapia. Bisogna sapere che, così come per altre forme di epilessia, alcuni antiepilettici possono aggravare le crisi invece di ridurle e questi farmaci sono noti ai medici.

È necessario evitare le infezioni ripetute e trattare gli episodi febbrili in maniera adeguata. Bisogna saper utilizzare i prodotti per via rettale o endovenosa al fine di evitare gli stati di male epilettici.

Esistono delle alternative che però, per il momento, non si sono di- mostrate efficaci per un numero sufficiente di pazienti: dieta chetogena, stimolazione del nervo vago, immunoterapia (gamma globuline). Non esistono interventi chirurgici possibili per questa sindrome perché l’epilessia è al contempo multifocale e generalizzata.

In futuro si può sperare che una migliore conoscenza delle anomalie genetiche, delle funzioni delle varie proteine implicate e della loro influenza sui meccanismi che scatenano le crisi permettano di selezionare i farmaci su basi più razionali.

La presa in carico dei disturbi associati è indispensabile, possibilmente da parte di un’équipe specializzata che conosca i problemi delle epilessie a comparsa precoce. Valutazioni regolari eseguite con l’ausilio di test psicometrici aiutano ad adattare i metodi educativi ed, eventualmente, riabilitativi (psicomotricità, kinesiterapia, logopedia), mentre un sostegno psicologico permette di aiutare i bambini e i loro genitori a gestire questa epilessia così pesante nella quotidianità, per la presenza di frequenti crisi che compromettono la qualità della vita.”

In fondo questa malattia, e forse tutte le malattie, sono il lato più oscuro, più notturno della vita, una residenza più onerosa. Ogni persona che viene al mondo ha una doppia residenza, nel reame della salute e in quello delle malattie. E’ logico che se tutti potessero, sceglierebbero il passaporto buono, ma prima o poi ad ognuno viene ordinato, almeno per un certo periodo, di riconoscersi cittadino del reame meno buono.

Il Raccontafavole

 

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Esame di Maturità 2017. E io parlo del mio, avvenuto nel 1978

In queste ore, i maturandi 2017 sanno già vita, morte e miracoli in merito alle tracce dei temi della prova scritta d’italiano.

Ah, quanti ricordi di quei giorni, i giorni della mia maturità.

Li ho impressi nella mente come fosse ieri, sebbene sia passato tanto tempo.

Arrivai al Liceo accompagnato da mio padre, con i pantaloni a sigaretta della Lewi’s, che allora erano un vero must della moda, e la camicia celeste di lino appiccicata alla pelle per il sudore. Immancabili le College con nappine blu ai piedi.

Sudore dovuto forse alla paura, sicuramente perchè avevo pochissime chance di ottenere un buon risultato; anzi era già un successo la mia presenza alla prova. Comunque, per la cronaca, quel dì alle 8,10 di mattina c’erano già 27 gradi.

Quella situazione fu, anch’essa, una lezione di vita: non indossai, da allora, più camicie di lino. Appuntatevi questo consiglio perché, ne sono certo, vi tornerà utile.

Avevo sottobraccio il vocabolario d’italiano, pieno zeppo di appunti e sottolineature, come se fosse, poi, stato possibile utilizzarli.

Poi, fermato con una cintura di cuoio, trascinavo svogliatamente il diario, tutto scarabocchiato e con “L’urlo di Munch” come copertina; insomma, un bel colpo d’allegria, non c’è che dire!

E, proprio, per farvi realizzare il malessere post-adolescenziale del periodo, avrei scelto, in caso impossibile di Tema Libero, “Il Pessimismo Cosmico”. Leopardi era l’unico che sapeva capirmi veramente.

Mi sono ritrovato nell’androne della scuola nervosissimo, e anche i volti dei miei compagni erano diventati irriconoscibili a causa della paura.

Panico e bigliettini infilati nelle tasche e nelle mutande la facevano da padrone.

Una volta arrivato al corridoio che avevano assegnato alla mia classe, infinitamente lungo, tetro e pieno di banchi, mi sono seduto come al solito in penultima fila, diciamolo pure, posizione estremamente tattica: in prima mai, lì si sedevano i più bravi; in seconda assolutamente no, era l’habitat naturale per i geni del sapere e poi eri sempre troppo esposto; la quinta fila risultava perfetta, in quanto non era l’ultima, che controllavano assiduamente, ed era ben coperta.

Il primo risultato da ottenere, dunque, era la fila. E, in fondo, succede anche oggi, chi opta per l’ultima fila ha sempre qualcosa da nascondere e tu non devi destare sospetti.

Ho passato in quel banco momenti di vera e propria angoscia.

Il primo giorno, alla prova di italiano, ho scelto il tema sull’Unione Europea, nonostante fossi propenso a quello di letteratura, ma solo in caso fosse stato assegnato il Leopardi.

In un modo o in un altro lo consegnai a petto abbastanza in fuori, conscio di aver fatto una buona prova.

E, come quando si è in attesa del patibolo o della scossa mortale, giunse come una malattia incurabile il giorno della prova di matematica.

Se ben ricordo mi portarono un foglio ove c’era da svolgere un problema sui fasci delle parabole: arabo, aramaico, anzi di più, buio assoluto. Non finii neanche di leggerlo, tanto non avrei mai saputo da dove iniziare, solo un nuovo miracolo della Madonna di Lourdes di passaggio a Pistoia, avrebbe potuto farmi scrivere qualcosa in merito a quei geroglifici tortuosi che solo a guardarli mi facevano venire l’urto del vomito.

Fu una vera e propria Caporetto, un Fort Alamo, una disfatta alla Custer… Per i curiosi, il compito fu consegnato quasi in bianco, sì perchè scrissi a vanvera delle equazioni inesistenti con calcoli del tutto folli.

La prova d’inglese andò decisamente meglio… e come non avrebbe potuto.

Il 24 luglio ci furono gli orali.

Qualche giorno prima della fatidica data, mi ricordo di essere stato avvolto da un’aura mistica, buttando giù caffè d’orzo e Brioss Ferrero; mi coricavo intorno alle due e mezzo del mattino, vista anche la concomitanza con i campionati Mondiali di Calcio in Argentina, che non volevo assolutamente perdere.

La mia metamorfosi in Giacomo Leopardi, chino sulle sudate carte, si stava materializzando giorno dopo giorno.

L’orale d’italiano andò benino, a matematica scena muta, a inglese così così.

Una volta uscito da quell’incubo, mi precipitai con tre miei amici, leggero come una piuma di struzzo, nella vicina piscina del “Panda”, locale molto in voga tra i giovani di allora.

Fui promosso con 36, che per me assunse il valore di un 360 cum laude.

Cosa ho imparato dalla maturità?

Che mentre nei sei dentro la vivi, anzi la “sopravvivi”, ti sembra una montagna invalicabile, specialmente per gli anti-secchioni come il sottoscritto; nella realtà, a tempo debito, ti rendi conto di avere affrontato un vero e proprio test attidudinale, comportamentale e tutto si trasforma in ricordi indelebili che racconterai sempre col sorriso, come un soldato scampato miracolosamente a un campo minato.

Però, ti verrà subito in mente, dopo lo schivato pericolo, che nella vita, a meno tu non voglia diventare un professore di matematica o un ingegnere nuclerare, i fasci di parabole ti serviranno meno che a niente e, allora, ogni volta che ci penserai non potrai fare a meno di realizzare il più bel gesto dell’ombrello della tua vita, con la dovuta esclamazione a supporto:

” Fànculo parabole del ca…”

Con il trascorrere del tempo capirai che quella prova altro non era che una lunghissima serie di esami, di test, di tentativi, di persone sconosciute che valuteranno il tuo operato e quei giorni ti parranno solo il tuo primo vero tagliando alla vita.

Anni del liceo che ti lasceranno, sicuramente, una struggente malinconia.

Che non devi azzardarti a indossare camicie di lino e, magari, a sostare qualche minuto in più sugli inutili tomi di matematica.

A quento punto, tantissimi auguri ragazzi, prendetevela comoda, anzi godetevela, perchè i veri, grandi problemi -e non di algebra- verranno dopo.

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Il mondo incantato di Iris Apfel, la signora dallo stile unico e inimitabile

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Questa, una parte del mondo della grande Iris Apfel.

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Metamorfosi. Dio o demone? (Da Il Raccontafavole)

Com’era arrivato a questo? Non lo sapeva. Era lì sudato con la pistola appoggiata alla testa. Le urla, ormai, le sentiva attraverso la porta chiusa.

Tutto faceva pensare che non avrebbero tardato molto ad entrare, ed allora sarebbe successo l’inevitabile.

Ma, cosa desiderava veramente in quel preciso momento?

Essere giudicato da una moltitudine di uomini e donne con sete di vendetta, o direttamente da  Dio?

Forse, finire tutto con un colpo alla testa sarebbe stata la migliore soluzione, e non ci sarebbe stato nulla da spiegare a nessuno, seduto davanti a un tavolo di tribunale.

Molte volte aveva deciso di annulare una vita, tanto spesso che sentiva dentro di sé il potere sovrannaturale di interrompere o far continuare un’esistenza…così, perché ne apprezzava la cosa.

Ma, ora, la situazione si era capovolta, e non aveva tempo per una scelta appropriata.

Le grida si facevano sempre più vicine e distinte; quanto sarebbe rimasta ancora chiusa quella porta?

Avrebbe dovuto aprire o far scattare il grilletto della sua pistola.

Le domande si ripetevano nella sua mente, sempre seduto con le ginocchia al petto e gli occhi semi chiusi. Continuava a sudare e ricordava le cose che aveva fatto in passato.

Tutto cominciò come una nuova esperienza: un paese vicino al suo, una prostituta straniera, una piccola stanza di hotel immersa in un irrespirabile fetore; sì, un luogo come quello in cui si trovava.

Poi, l’improvviso bagliore del coltello nel buio, solo un colpo netto che raggiungeva la ragazza, ponendo fine alla sua giovane vita. A differenza di ora, invece, non vi furono urla, solo un lieve, prolungato gemito.

Fu molto più facile di quanto si aspettasse, ma non era come nei film che aveva visto.

Quella notte si sedette accanto al cadavere per ore, fino a quando il sole risvegliò l’altro lato della città.

Nessun pentimento, nessun raccapriccio, stava cominciando un nuovo cammino e la sua vita finalmente aveva un senso.

Dopo quella notte, non riuscì più a spegnere la sua sete di sangue.

Da allora cominciò a studiare meticolosamente i suoi progetti: una città in cui non lo conoscevano, l’avvicinamento di una vittima che lui avrebbe giudicato più debole, tipo un barbone, una donna, un ubriacone; ecco, questo era il suo repertorio principale.

Guadagnava la loro fiducia, e subito dopo, per un attimo, si trasformava in Dio sulla terra.

Si giustificava con se stesso definendosi colui che dava loro la possibilità di redimersi, perdonando, poche volte, o ponendo fine alla loro miserabile esistenza.

In certune occasioni le sue disgraziate vittime supplicavano di finirla al più presto, perché amava anche torturarle; anelavano la fine di quel vero e proprio inferno.

Dal suo punto di vista, erano favori che faceva, un ultimo favore.

Intanto, immerso nei suoi pensieri, iniziava a sentire i pesanti colpi sferrati dall’altra parte della porta, che aveva bloccato con una sedia proprio sotto la serratura.

E pensava a quei disperati, intenti a fargliela pagare quanto prima, che si sarebbero presentati innanzi, con troppa rabbia e dolore nel cuore.

Egli conosceva certi stati d’animo, nascostamente era entrato nelle case delle persone uccise durante le veglie funebri; sapeva ciò che provavano.

Lui scuoteva la testa, sembrava voler porre fine una volta per tutte alla storia; una pallottola in testa e amen.

L’”assassino delle viuzze“, questo era il nomignolo che gli aveva affibbiato la stampa per i suoi continui attacchi  in zone non centrali delle città.

Capirono presto che era opera sua: sempre l’uso del coltello e sempre nei bassifondi di remoti villaggi dimenticati.

Non gli era mai piaciuto quel soprannome, ma sapeva che la società doveva, in qualche modo, battezzarlo, così avrebbe avuto meno paura, perché quelle morti avevano una spiegazione, ciò che si conosce fa meno terrore dell’ignoto.

Lui, non riusciva a capire perché lo chiamassero “assassino”.

Non poteva pensare che tutti fossero così ciechi, che non si accorgessero che stava facendo un favore all’intiera umanità.

Non era forse vero che le persone che lui torturava e uccideva, venivano descritte dalla chiesa come anime perdute che avevano smarrito la retta via?

Dava loro solo una mano, metteva fine a quella sofferenza e le instradava per vie migliori.

Che ironia, stava pensando, quelle persone al di là dello sbarramento vogliono finirla con lui per quello che aveva fatto, per come aveva giudicato quelle scorie, e ora lo trattano allo stesso modo.

Gli gridavano improperi da dietro la porta, e lui chiudeva gli occhi, tanto già conosceva il contorno di quei volti colmi di rabbia, quelle persone che urlavano e sputavano allo stesso tempo, armati di bastoni e coltelli. 

Alcuni erano vicini di casa, altri venuti da fuori, e c’erano persino dei bambini.

Qual era la differenza? Solo che, ora, si trovava dalla parte sbagliata.

Adesso, avevano loro il potere, e avrebbero giudicato colui che prima si sentiva Dio.

E lui capiva, e non li odiava, adesso la forza era tutto nelle loro mani.

Come quando adescò, per ore, un ubriaco all’interno di un bar.

Accidenti a quel vecchio marinaio ubriacone, pensava!

Non vedeva l’ora che chiudesse quel locale per uscirne insieme, e porre fine a questo anziano esploratore di mari.

Bevvero whisky e birre quella notte, come fossero vecchi colleghi e ascoltò tutte le sue stupide storie da vecchio lupo di mare.

La metà di ciò che narrò erano panzane allo stato puro, ma dentro di sé lo invidiava, per la sua fantasia e per quello che forse, veramente, aveva vissuto.

Lo guardava deglutire l’alcool come fosse acqua minerale e rifletteva sul fatto che  aveva vissuto una vita intensa, ma che ora non aveva più nulla, solo l’umiliazione nei bar, tentando di raccontare storie per accaparrarsi qualche birra in più; era un faro la cui luce si stava consumando lentamente.

Il bar chiuse, e si ritrovarono in un vicolo, un ultimo abbraccio fra “colleghi”, e ancora una volta la brillantezza dell’acciaio del coltello in aria; negli occhi di quel marinaio l’eterna gratitudine.

Osservava la porta senza spostare di un millimetro lo sguardo, ormai era solo questione di secondi.

Un ultimo tremendo colpo e vide le mani, gli occhi ardenti di rabbia, nella lieve oscurità.

Improvvisamente, sentì il freddo della pistola alla tempia. Aveva dimenticato completamente l’arma; alzò la testa.

Ed essa sembrò parlargli : “Sì, sono qui con te, oggi ti giudico io, non ti preoccupare, ti farò quest’ ultimo favore, prima che oltrepassino quella porta premerai il grilletto; oggi decido io caro amico; come vedi occupo il tuo posto”.

Quando lo raggiunsero era già chinato col capo sul tavolo e una grossa macchia di sangue ne contraddistingueva i contorni.

Le sorprese non finirono lì.

In quel momento capirono, perché non riuscivano a dare un’identità al “killer delle viuzze”, perché non restava traccia alcuna dopo i suoi attacchi e perché molti casi venissero archiviati così presto.

Nell’alzargli la testa riconobbero il volto ossuto di Nat Coleman, lo sceriffo della Contea, colui che presenziava alle veglie funebri sulla soglia della porta e stringeva le mani ai familiari delle vittime.

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1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Loredana il 12/01/2013 17.10.21

    Un altro invidioso del ruolo e dei compiti di Dio…arrogarsi il diritto di giudicare e somministrare punizioni, come se si fosse al di sopra delle parti. Bravo, Raccontafavole, un bel ritratto spaventoso di serial killer giustiziere, anche se con le fattezze inaspettate del “Bene”, in questo caso corrotto.

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La fibra ottica in provincia di Pistoia e le pericolose buche lasciate per posare questo materiale

La provincia di Pistoia è da tempo una serie di voragini a cielo aperto con profondità che vanno dai 3 ai 10 centimetri, misure queste effettuate dai vari cittadini di Bonelle, Casenuove di Masiano, Masiano, Ramini, per non parlare delle zone di Montale e via misurando. Proteste civili dei cittadini anche di fronte al sindaco Tomasi, espresse, poi, agli stessi operai che, con i loro attrezzi da lavoro, sventrano le strade per la copertura nei vari paesi privi della fibra ottica. Finiti i lavori, cominciano i problemi per gli abitanti ai quali vengono lasciate in dono buche a scale, voragini pericolose, piccoli fossi non ricoperti a dovere. Quando, da mattina a sera, camion, autoarticolati, grossi furgoni, iniziano le loro dovute scorribande sulle strade, le case sembrano colpite da devastanti terremoti: i mobili tremano, i vetri vibrano, i lampadari ondeggiano, le sedie sobbalzano e non è più possibile comprendere se siamo intrappolati da movimenti tellurici o da giganteschi camion che pesano tonnellate. Il Comune afferma di aver siglato con la ditta appaltatrice un accordo per la sicurezza stradale. Sarà! Intanto, le nostre case continuano pericolosamente a traballare.

Massimo Melani 🚛🚚🚚

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Lettera a mia madre

Cara mamma,   Sono qui forte e orgoglioso con il pensiero di aver preso vita attraverso te. Non ci sono parole in nessuna delle lingue del mondo per spiegare il nostro bellissimo rapporto. Tutto ciò che provo a scrivere sembra inferiore a quello che abbiamo provato. Celebro la tua forza, eleganza e saggezza, nonché la tua capacità di essere madre altruista di tutti, ovunque! Madre delle madri!  Celebro tutti i momenti belli che abbiamo vissuto e i momenti belli che continuo ad avere nella mia infinita immaginazione… Prima mi hai portato per nove mesi e ora ti porterò con me per tutta la vita. Conservo il nostro amore, che è forte e leggero, puro e divertente e infinito, per tutte le generazioni a venire nella nostra famiglia. Attraverso mia figlia e i miei nipoti e i loro possibili figli (e i loro e i loro…), tutti ti conosceranno e ti ameranno! Sono così grato di far parte della tua forte eredità. Onoro tutto ciò che mi hai insegnato e continuo a crescere e imparare. Ho a cuore i 65 anni che ho trascorso con te. Non sono andato avanti; Sono andato avanti, con te, mano nella mano! Celebro la tua vita oggi. Te ne sei andata, ma tutto quell’amore rimane. Riscalda e conforta e il suo fondamento è più reale che mai. Mia bellissima madre, oggi e ogni singolo giorno da ora in poi, la tua anima sarà libera e felice!  Tuo figlio Massimo  ♥️ https://www.instagram.com/p/C5oFYArNfQhopemVlyOrUHkueRZ4RC1DkaOjfg0/?igsh=M2F1MTgzZThnemNm

Come fare un reset profondo alla propria vita?

Sorridi, sorridi e sorridi. E’ gratuito, eppure ha un potere così immenso. Poi, scegli uno stile che funzioni, semplice da mantenere.  Rendi il vestirsi elegante facile per te, piuttosto che uno sforzo. Una grande relazione riguarda due cose. In primo luogo, apprezzare le somiglianze e, in secondo luogo, rispettare le differenze. L’ allenamento riguarda tanto il fitness e la salute fisica quanto la salute mentale. La tua fiducia attira le opportunità e sii più fiducioso/a la prossima volta. Siamo sotto pressione per far sembrare che abbiamo ogni cosa sotto controllo, ma va bene non esserlo.  Sei umano/a in un universo in continua evoluzione e se vuoi andare alla grande, affidati alla tua mente analitica; affidati alla tua mente intuitiva.  Le migliori decisioni derivano da una combinazione di entrambe le valutazioni. Lavora su cose che le persone non possono portarti via, come la tua forza, la tua guarigione, l’amor proprio e l’essere un’anima bella. Più diventi intelligente, meno giudichi, e migliore diventa il tuo giudizio. È difficile rivelare i tuoi veri amici e le tue vere capacità, quindi, dammi retta, rilassati e basta.!! Massimo Melani 🌹

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Claude, da Marsiglia, chiede…

Caro Claude, non basterebbe l’intiera giornata per dare risposta alla tua intelligente domanda. Comunque, farò di tutto per riassumere in maniera esaustiva. Per comprendere tale viscerale odio nei confronti del comunismo bisogna primariamente conoscere gli Stati Uniti stessi. Gli USA mostrano da sempre un disgusto totale verso il comunismo in quanto è esattamente l’opposto dei loro principi socio culturali. Ciò che disprezzano gli americani non sono i crimini (falsi o veri che siano) dei comunisti, quanto i valori stessi del comunismo. Quest’ultimo fa parte di una visione comunitaria, gli americani sono individualisti incalliti. La cultura e i valori degli statunitensi sovente evidenziano l’egocentrismo rispetto al collettivismo, che si nota in diverse sfere della vita sociale, economica e politica del paese. Tale “predisposizione” verso l’individuo piuttosto che verso la comunità o il gruppo personalmente lo vedo suddividersi in vari aspetti, come la mania dell’autosufficienza, il potere personale, la libertà individuale e i vari diritti personali. L’individualismo negli statunitensi è considerato un valore di primaria importanza che risale ai giorni della fondazione del paese, con le sue radici nell’Illuminismo e nel pensiero liberale classico europeista. Detto valore è stato nei decenni rafforzato e diffuso attraverso documenti fondamentali come la Dichiarazione d’Indipendenza e la Costituzione degli Stati Uniti, che sottolineano i diritti e le libertà dell’individuo. Per quanto mi riguarda, trovo che i valori americani abbiano un fondo di verità, ma che siano portati all’eccesso, rendendoli spesso dannosi (Trump). Vedere il governo come la vacca che tutti mungono e alla quale nessuno dà il fieno, come fanno gli Yankee, ancor più di noi, mi sembra ipocrita e fuorviante. Spero, caro Claude, che la mia risposta sia servita per schiarirti le idee. Buon viaggio nella lettura dei miei articoli. Massimo Melani 🇺🇲✊📖 ©️ https://www.instagram.com/p/C5X9vkXgnq_CK1SwRgWJ0VZo1k-AfCugFEP3440/?igsh=eW4zc2U0dHo4NDA=

Caso Decaro/Bari: le menzogne fasciste…

La Procura di Bari non ha mai avuto il minimo dubbio sulla regolarità dell’amministrazione comunale, rimarcandone la totale collaborazione con gli organi inquirenti nell’azione di prevenzione e repressione delle organizzazioni criminali. Ma le serpi del governo non ci vogliono sentire dalle loro orecchie sporche di cerume fascista: salvano due bellimbusti come Santanchè e Salvini e mettono alla gogna l’innocente Decaro. Solo in Ungheria, Paese amico di Meloni, Cina, Corea del Nord, Russia ecc., accadono simili misfatti. Il governo, che dovrebbe garantire imparzialità totale, si comporta da torturatore medievale dei diritti delle opposizioni, attaccando a testa bassa chi minimamente viene menzionato solo come informato dei fatti. Lo scioglimento del Consiglio comunale in caso di condizionamenti o infiltrazioni di tipo mafioso è un provvedimento governativo preventivo straordinario di estrema gravità. In forza di esso, infatti, viene sciolto un organo elettivo espressione della volontà popolare in nome dell’esigenza di contrasto della criminalità organizzata mafiosa o similare. In tal modo si sanziona dunque l’organo elettivo e, solo di riflesso, i suoi componenti e, più in generale, i cittadini di quel Comune, non per comprimere i diritti di questi ultimi ma, al contrario, per preservare la parte sana della comunità locale dall’influenza delle organizzazioni criminali. Già il fatto che il ministro dell’Interno si sia immediatamente attivato d’iniziativa, su sollecitazione di alcuni parlamentari di maggioranza, desta dunque moltissimi dubbi su tale disposizione. Questo esecutivo è da invalidare immediatamente sostituendolo con un governo tecnico, in quanto l’ elettorato di destra non è capace di intendere e volere. Massimo Melani 📖 ©️ https://www.instagram.com/p/C5X3t_8A8OumFYNS5Sagq9_7FhksL9S8zt3OTs0/?igsh=MXY4cHVtM2U3NTY2YQ==

Alcuni saggi consigli che possono sempre servire

È meglio abbassarsi ed essere innalzato, che innalzarsi ed essere degradato. Lo si impara strada facendo. Una persona deve soffrire per diventare un essere umano dignitoso.  La vita ti colpisce duramente e toglie ogni illusione, costringendoti ad affrontare la realtà senza filtri. Potere, denaro e fama non ti cambiano, amplificano solo chi sei. Non ci si può fidare di una creatura emotiva; in questo momento è felice, il minuto dopo è depressa. Goditi sempre il momento, potresti non averlo mai più. Continua a rilassarti.!! Massimo Melani 🌹 ©️ https://www.instagram.com/p/C5V3ITfNfmTdQrfK_WyBzyCV_D135s66l420m80/?igsh=OWs3M2VjdTVvN25l

Il nuovo menù del Ristorante LA SOSTANZA VINO e CUCINA…

Il nuovo menù del Ristorante La Sostanza Vino e Cucina, gustabile in via del Presto 9, 51100 Pistoia. Mia nonna Milta diceva che ” Scoprire piatti nuovi è più prezioso per la gente che scoprire una nuova stella del firmamento “. Bene, tutto ciò lo potrete confermare recandovi presso il Ristorante LA SOSTANZA, ove lo chef Mungai con le sue ricette di cucina vi dimostrerà che esse sono un bene universale, un tesoro che appartiene a tutti e paragonabili alle note di melodie sofisticate. Il tutto con la consulenza di Iccio, il grande ristoratore di Pistoia e oltre. Che aspettate? Non avete ancora prenotato? Massimo Melani 🍗🍖🍠🍞🍰 ©️ https://www.instagram.com/p/C5VX65rgrBiKHdbadMvOyrd8D3ptBapv3u4qhc0/?igsh=MW12OGRyOTVweDQ2Yw==

Cosa fai quando esci dal percorso della tua vita?

La pace si crea quando vai in guerra con te stesso, la tua anima è stanca di seguire il tuo ego.  Cerca di generare amor proprio, e continua a farlo!  Le cose sembrano sempre peggiori prima di migliorare, quindi, abbraccia l’incertezza.  Superando quella fase inizia il successo, la crescita inizia nel momento in cui ti rendi conto che eri tu l’ostacolo più grande. Trascorri un po’ di tempo da solo con te stesso, ti farà risparmiare un sacco di momenti inutili. Invadi i tuoi pensieri auto-sabotanti, così da superare le tue convinzioni limitanti. Poi, cerca la convalida interiore, che viene da un luogo di forza. Se hai intenzione di sembrare arrogante, assicurati di renderlo divertente. Impegnati ad essere un te stesso completamente nuovo e migliore…e poi… rilassati e basta.!! Massimo Melani 📖

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Vi spiego chi è  G. Meloni e perché è un grave pericolo per l’ Italia e parte dell’Europa

Giorgia Meloni rappresenta un pericolo per l’equilibrio democratico in europa. La sua leadership sembra essere l’antitesi di ciò di cui l’Italia ha bisogno – e non solo in questo momento difficile. Il pericolo per l’Europa nasce perché l’Italia è sempre stata un laboratorio: ha prefigurato le crisi degli altri Paesi. L’Italia ha avuto Mussolini prima di Hitler e le Brigate Rosse estremiste di sinistra prima che apparisse l’Action Directe in Francia e l’Armata Rossa seguisse l’esempio in Germania. L’Italia aveva Berlusconi prima che gli Stati Uniti votassero Trump e dopo anni di malgoverno Berlusconi, l’Italia ha prodotto il movimento Cinque Stelle, il primo partito populista guidato da un comico, prima che il resto d’Europa lo raggiungesse. L’obiettivo dei Cinque Stelle era quello di sconvolgere la politica, spesso senza pensare alle conseguenze. L’ispirazione morale ed economica di Meloni è Viktor Orbán, l’uomo che negli ultimi anni ha distrutto l’opposizione in Ungheria e ha ottenuto la legittimità utilizzando come arma il consenso popolare. Ha dato un effimero senso di sicurezza, ma gli ungheresi lo hanno pagato caro sotto forma di instabilità economica e, soprattutto, di perdita dei loro diritti. Il parlamento europeo ha dichiarato che l’Ungheria non può più essere considerata una democrazia a pieno titolo. Si svolgono le elezioni, ma le norme europee e gli standard democratici vengono sistematicamente ignorati al punto che l’Ungheria è ormai una “autocrazia elettorale”. La Meloni non ha mai nascosto di collaborare strettamente con Orbán e i suoi alleati nel perseguire l’obiettivo comune di rafforzare l’estrema destra europea in nome del rispetto della sovranità nazionale, della difesa della famiglia naturale, dell’identità cristiana e dell’economia sociale di mercato. La coppia ha pubblicizzato i loro incontri con selfie amichevoli sui social media. Dopotutto, cantano dallo stesso spartito socialmente conservatore sull’aborto, sui diritti LGBTQ+ e sulla migrazione. Condividono un obiettivo: società basate non sui diritti individuali garantiti dalla legge europea ma sull’autoritarismo sovrano. È nel suo sostegno a persone come Orbán che vediamo quello che sembra essere il vero pericolo rappresentato da Giorgia Meloni. Il partito  di Meloni è riuscito negli anni ad espandere la propria base elettorale in Italia cacciando militanti di altri partiti pronti a saltare su quello che avrebbe dovuto essere il carro dei vincitori. Questa strategia ad alto rischio ha funzionato, anche se ha coinvolto Fratelli d’Italia in polemiche e in diverse indagini giudiziarie in corso, sul presunto coinvolgimento dei candidati in corruzione , estorsione,   ignominia e smaltimento illegale di rifiuti. Eppure la Meloni è riuscita a riaffermare la sua credibilità espellendo i facinorosi e prendendone pubblicamente le distanze. Le uniche figure che sembra avere difficoltà a rinnegare sono i politici la cui identità è costruita sull’ideologia di estrema destra. La Meloni nega di essere fascista, sapendo di mentire. Non credo che sia il punto più importante del programma del suo partito, ma vale la pena affrontarlo. Il suo è un gioco semplice: i partiti le cui origini possono essere ricondotte ai movimenti neofascisti hanno fatto di tutto per disintossicare e ammorbidire la loro immagine, dichiarando la loro opposizione all’antisemitismo, al razzismo e all’esperienza storica fascista. La Meloni fischia ai suoi antenati politici neofascisti con lo slogan dell’era Mussolini “Dio, patria, famiglia”. Lo ha fatto sempre, urlando dal palco di un comizio a San Giovanni: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono mamma, sono italiana, sono cristiana”. Lo ribadì al Congresso mondiale delle famiglie di Verona, dove fu ancora più esplicita, promettendo: «Difenderemo Dio, la patria e la famiglia». In un’intervista in campagna elettorale in corso ha affermato che “ Dio, patria, famiglia ” non era uno slogan fascista, ma una bella dichiarazione d’amore. A chi le ricorda, facendo rabbrividire, che durante il regime fascista era ovunque, imbrattato sui muri dei villaggi, sugli ingressi degli uffici e stampato nei libri scolastici, lei ribatte che la citazione originale era del rivoluzionario italiano Giuseppe Mazzini. Dio, per lei, non sembra rappresentare la fede, ma piuttosto un marchio di cattolicesimo imposto come unica religione degna di diritti. I confini della patria vanno difesi, anche con la violenza, se necessario, e la famiglia non è la culla degli affetti, ma dell’imposizione, dell’obbligo e della prescrizione. La famiglia è sempre eterosessuale, i suoi figli nascono e vengono riconosciuti nella forma imposta. Le sue parole spesso portano echi di Mussolini. I suoi discorsi giocano sul bisogno di identità, sulla paura umana di essere emarginati o non riconosciuti. Nelle sue mani l’identità diventa uno strumento di propaganda per dividere il mondo in Noi e Loro, dove “loro” sono le comunità LGBTQ+, i migranti o coloro che non si vedono rappresentati nelle strutture consolidate o nelle etichette imposte dagli altri. L’impressione è che siano loro le persone cattive, che mettono a repentaglio l’identità dell’intiera nazione. Il totalitarismo, da sempre, fa leva su tali paure per convincere le persone a privarsi volontariamente dei propri diritti, con la promessa di essere difese da un nemico esterno. Meloni sembra voler mantenere il sostegno dell’ala della destra radicale che considera il suo partito troppo moderato e votarlo solo per recuperare terreno contro la sinistra. Ripudiare completamente le radici fasciste del partito, a quanto pare, significherebbe perdere molti di questi voti. Fratelli d’Italia mantiene lo stesso logo – un tricolore italiano a forma di fiamma – utilizzato dall’ormai defunto Movimento Sociale Italiano neofascista (MSI), fondato nel 1946 da sostenitori del regime come Pino Romualdi, una figura di spicco del partito fascista e Giorgio Almirante, condannato per collaborazione con le truppe naziste. La premier appare la figura politica italiana più pericolosa non perché evochi esplicitamente il fascismo o le pratiche degli squadristi in camicia nera, ma per la sua subdola ambiguità. Durante la campagna elettorale ha promosso uno schieramento democratico, liberale-conservatore. Ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina e si è espressa a sostegno della NATO e degli aiuti militari a Kiev. Ma si è opposta alle sanzioni dell’Ue contro la Russia dopo l’annessione della Crimea nel 2014. E nel suo libro del 2021 Io sono Giorgia ha scritto che la Russia di Putin “difende i valori europei e l’identità cristiana”. La Meloni, nella sua ambiguità, ha rivolto i suoi attacchi ai migranti. Ha alimentato le paure degli italiani, creato un nemico, un capro espiatorio su cui scaricare la colpa dell’incompetenza e della cattiva gestione pubblica. Cerca di passare per una moderata davanti all’ Europa, smorzando il suo messaggio e avanzando quelle che sostiene siano nuove idee per risolvere la cosiddetta emergenza migranti e ripristinare l’italianità anche nel mondo. L’estrema destra può avere successo in Italia perché la sinistra ha fallito, esattamente come in gran parte del mondo, nell’offrire visioni o strategie credibili. La sinistra chiede alla gente di votare contro la destra, ma non ha una visione politica o un’alternativa economica. La sinistra suona elitaria quando comunica, mentre la destra ha trovato un discorso iper semplificato: parole chiave, slogan, concetti ridotti all’essenziale, soprattutto sui migranti, dalla cui violenza e terrorismo gli italiani, a quanto pare, vanno salvati. Non c’è da stupirsi che la Meloni non abbia avuto scrupoli, nonostante la protesta pubblica, nel twittare il video di uno stupro presumibilmente perpetrato da un richiedente asilo. La Presidente del Consiglio è pericolosa perché si avvicina di più alla scuola delle bugie politiche di Berlusconi e al programma populista secondo il quale quanto più totale è una bugia, tanto più la gente ci crederà. Attenzione, perché dove va l’Italia, presto il resto d’Europa la seguirà.

Massimo Melani 📖

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Cosa ti ha reso più intelligente nelle decisioni della vita?

Prima di tutto, comportati come se fossi l’unica persona nell’universo, quindi crea. Ricorda a te stesso che la percezione è fluida, sii il tuo sé più elevato anche nei momenti più bassi. A volte la vita significa rischiare tutto per un sogno che nessuno può vedere tranne te. Non rinunciare mai a quel sogno. Non è questione di quanto vivi, conta quanto tempo vivi in un corpo sano e forte, quindi, vai avanti così.  Il tuo umore non dovrebbe mai dettare le buone maniere.  Sii sempre rispettoso ed educato con gli altri, soprattutto con le persone fragili. Avere orgasmi giornalieri non è lo scopo della vita. Le parole e i libri evocano pensieri, sentimenti, aspettative e nuove realtà.  Ciò che dici a te stesso o agli altri cambierà il mondo che ti circonda. Se sei sereno, chi se ne frega di cosa pensano gli altri. Massimo Melani 🌹

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